Le tappe dell’itinerario
L’itinerario
La prima tappa dell’itinerario è una breve passeggiata che si dirama dal cippo del km 7 della strada che da Campo di Giove sale al Passo. Lasciata l’auto, s’imbocca il sentiero P5 del Parco, diretto alla Fonte dell’Orso e al Fondo Maiella. Abbondantemente segnalata e chiusa da una sbarra, la carrabile s’inoltra nel pianoro in direzione del bosco. In cinque minuti a piedi, appena entrati nel bosco, sotto un gruppo di faggi a sinistra, si scopre una grande capanna di pietra di Valle Cupa, a più piani, inerbita in alto e modellata sul pendio. Conviene girarle attorno per apprezzare la struttura a gradoni, con una doppia base quadrata sulla quale si eleva il tamburo circolare con la cupola a tholos. L’intera zona compresa tra la strada e il bosco mostra le basi dei muretti di confine dei fondi coltivati e degli antichi stazzi. Magnifico il panorama sulla catena del Morrone e sull’anfiteatro di Fondo Maiella.
Ripresa l’auto si raggiunge un chilometro più avanti il trivio con la strada che proviene da Pacentro. Qui si parcheggia. Nei pressi troviamo una cantoniera, un fontanile e un’edicola mariana dedicata alla Regina della pace. A piedi si entra nel largo pianoro a sinistra della strada che sale al Passo e lo si percorre senza una meta precisa, lasciandosi incuriosire dalle molteplici tracce del mondo pastorale. Si va comunque verso nord, avendo come riferimento una linea telefonica e una sterrata che traversa il pianoro. Si osservano tutti gli elementi tipici degli insediamenti pastorali: le recinzioni di pietra, gli stazzi, i campi terrazzati, i muretti di contenimento, i fontanili, le macere di spietramento, le capanne agricole di pietra, le vene d’acqua sorgiva, i boschetti attrezzati, le roulottes e i camper che hanno sostituito le capanne di pietra e le baracche di lamiera, i tratturelli e le piste battute dalle greggi. Le capanne di pietra a secco ai margini dei campi coltivati sono numerose, anche se sovente sono dirute o hanno il tetto crollato. Quella in migliori condizioni, nota come il Laguccio, sorge isolata al centro del pianoro, nei pressi di un palo della linea telefonica, con un alto muro di base che ingloba la porta, e un tamburo circolare sormontato da un caratteristico cupolino. Le altre capanne sono spesso ricavate alla base di mucchi di pietre o sono addossate a piccoli rilievi. Seguendo il corso di un ruscello, si traversa la strada asfaltata su un ponticello e si risale il pendio lungo il sentiero segnato indicato come la “direttissima” per il monte Amaro e il bivacco Pelino. La località è nota come l’Acqua Fredda. Si trova subito un fontanile che dà ragione al topos e uno stazzo vigilato dai cani. Appena più in alto, vicino ad alcuni faggi, si trovano due capanne di pietra in successione, irregolari nella forma ma ancora accessibili e agibili (m. 1239).
Tornati all’auto, ci trasferiamo sul Passo, parcheggiando nel piazzale dell’albergo-rifugio San Leonardo. Dobbiamo visitare una capanna importante, che prende il nome dalla vicina fonte della Cicuta e che si trova sui pendii poco a sud del valico. La raggiungiamo in quindici minuti imboccando in salita il sentiero Q3 e lasciandolo per scendere a sinistra su un secondo sentiero recintato ai margini del bosco, sul versante di Pacentro. In alternativa possiamo traversare direttamente per prati, sottopassando uno skilift e tenendoci al margine del bosco. Il complesso agro-pastorale della Cicuta (m. 1299) è articolato in recinti, orti, muretti e un’ampia capanna inglobata nel muraglione di pietra, con il cupolino inerbito. Colpisce la qualità dei muri, realizzati con una doppia parete regolare di pietre sovrapposte e con l’interstizio riempito di pietrame e terra di risulta.
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Le capanne del Passo di San Leonardo
Il Passo di San Leonardo è un largo valico molto apprezzato da turisti, escursionisti e semplici gitanti della domenica. Vi si gode infatti un bel panorama sulla Maiella e la sua lunga bastionata fasciata dai boschi. Di qui si parte per brevi passeggiate, lunghissime traversate o rudi ascese verticali verso la cima del monte Amaro. D’inverno alcune brevi piste intorno all’albergo del complesso turistico San Leonardo richiamano anche qualche appassionato di sci. Siamo a 1282 metri di quota, su una cresta che collega il versante occidentale della catena della Maiella alla sua importante diramazione del Morrone. Dalla valle del Pescara si sale al Passo percorrendo la lunga valle del fiume Orta. Dalla valle Peligna vi sale una panoramica strada da Pacentro, talvolta chiusa per la caduta di pietre dalle sovrastanti pareti del Morrone; in alternativa si segue la strada che proviene da Campo di Giove. Le praterie in quota sono popolate in estate anche da greggi di pecore e mandrie di cavalli richiamate dai pascoli e dalla disponibilità d’acqua. Allontanandosi dalla strada principale si scopre un mondo pastorale inaspettato, ricco di recinti e stazzi per gli animali, ricoveri per i pastori, piccoli orti, boschetti e fontanili, piste e tratturi, moderni caravanserragli, maneggi e ippovie. In questo caratteristico ambiente spiccano alcune capanne di pietra costruite a secco. Sorgono in piano o lungo i declivi, a fianco degli stazzi; pur se abbandonate o non più utilizzate da tempo, esse mostrano la loro antica funzione di ricovero notturno, di rifugio d’emergenza, di riparo per attrezzi e derrate, di prima lavorazione del latte. L’itinerario qui proposto - la somma di brevi passeggiate per non allontanarsi molto dall’auto - permette di visitare le capanne più ‘belle’ in uno scenario maestoso.
L’Italia della pietra a secco
Passeggiate tra i monumenti dell’architettura spontanea
Per approfondire
Il sussidio più utile all’escursione è il volume Paesaggio agrario costruito, diffuso gratuitamente nei centri di visita e scaricabile dal sito del parco della Majella; la guida censisce le capanne di pietra (con foto e geo-referenziazione) e indica gli itinerari del Parco. Di pari utilità è la guida di Edoardo Micati dal titolo Pietre d’Abruzzo. Guida alle capanne e ai complessi pastorali in pietra a secco, pubblicata da Carsa nella collana Scrigni.
La ricognizione del percorso è stata effettuata il 23 agosto 2014
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