Itinerario nella provincia di Bolzano
Vipiteno. La città di Dio e la città di Satana
Le tappe dell’itinerario
A ridosso della frontiera del Brennero la valle dell’Isarco si apre in una conca che ospita la cittadina di Vipiteno (Sterzing, in tedesco). Il centro storico ospita i tipici portici, alcuni bei palazzi nobiliari, la torre dell’orologio e il complesso di fabbricati del vecchio ospedale medievale con l’annessa chiesa dedicata allo Spirito santo. La chiesa ha le pareti interne decorate da pitture murali di grande rilievo storico. Il ciclo di immagini è dedicato all’intera storia della salvezza, a partire dall’Annunciazione. Vediamo così le scene dell’annuncio dell’angelo a Maria, della visitazione, della natività con l’adorazione dei Magi, della strage degli innocenti; seguono le scene della passione di Gesù, con la preghiera nell’orto degli ulivi, il bacio di Giuda, la cattura, il processo di Pilato, la coronazione di spine, la salita al Calvario, la crocifissione e la risurrezione. La parete occidentale è affrescata con la grande rappresentazione del Giudizio universale. I dipinti sono attribuiti a Giovanni da Brunico (Johannes von Bruneck) e alla sua scuola e risalgono al secondo decennio del Quattrocento.
La visione del Giudizio universale è articolata in due zone geografiche sovrapposte, con il cielo in alto e la terra in basso. A separare le due fasce è la robusta predella di legno che regge gli scranni del tribunale celeste. In cielo l’immagine del Cristo giudice è scomparsa a seguito dei lavori per l’apertura di un oculo. Si riconoscono comunque i due grandi angeli che comparivano al suo fianco e che mostrano gli strumenti della Passione: la croce, la colonna della flagellazione e la lancia di Longino. Ai piedi del giudice è schierato l’intero tribunale formato dai dodici apostoli, con San Pietro clavigero in evidenza.
La risurrezione dei morti
La risurrezione dei morti è descritta con una successione di scene poste in sequenza temporale. Si comincia dal cimitero universale, disseminato di “ossa aride”, disperse e frantumate. Il pittore descrive la visione di Ezechiele: «il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare tutt'intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite» (Ez 37, 1-2). Il suono delle trombe del giudizio risveglia i cadaveri: li vediamo riprendere forma umana e uscire dalle tombe. La terra che si smuove provoca la brulicante fuga di quegli schifosi insetti che abitano le rughe del mondo terragno: scolopendre, ragni, scarafaggi e scorpioni si allontanano spaventati dalle mummie umane che riprendono vita. La risurrezione coinvolge anche coloro che annegarono in mare a seguito dei naufragi: vediamo i pesci predatori e i mostri marini che restituiscono - vomitandole dalla bocca - le membra delle povere vittime che avevano ingoiate. Segue poi la scena delle sette tombe scoperchiate. I coperchi di pietra dotati di anelli di ferro sono ribaltati. Dagli avelli risorgono diversi gruppi umani. Una sposa, col velo del sudario sul capo, prende teneramente per mano il marito, abbacinato dalla luce e ancora attonito per gli avvenimenti in corso, lo aiuta a rialzarsi e gli indica il giudice in cielo. Nella seconda coppia risorta è il marito a indicare il cielo alla sua sposa. Risorgono anche due interi gruppi familiari - padri, madri, figli e figlie - colti in preghiera a mani giunte mentre apprendono l’esito favorevole del giudizio finale. Il pittore ha voluto inserire poi un particolare molto originale per individuare i risorgenti che saranno condannati. Mentre sono ancora con i piedi nella tomba i risorti riprendono i comportamenti violenti che caratterizzarono la loro vita di peccato. Li vediamo così incattivirsi, picchiarsi, prendersi a pugni, tirarsi i capelli, colpirsi con i bastoni. Finché un diavolo spazientito non interviene a separarli e portarli via verso il loro triste ma meritato destino.
Il Paradiso
Il Paradiso è raffigurato come l’apocalittica città celeste, corrispondente alla visione di Giovanni: «E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo (…) È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli» (Ap 21). Il corteo dei beati giunge sotto le sue mura. Raffaele, l’arcangelo accompagnatore, li accoglie e, afferrando per mano il primo dei risorti, li incoraggia a entrare nella città di Dio: «Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello» (Ap 21). Il corteo multicolore è preceduto da un papa col triregno; dietro di lui si riconoscono un cardinale con la berretta, un sovrano con la corona d’oro, un vescovo con la mitria, una beghina, una suora e un frate. All’interno delle mura si stende il giardino fiorito del Paradiso terrestre. I beati vi sono accolti dal suono celestiale di un concerto musicale. Quattro angeli suonano altrettanti strumenti musicali: due organi portatili, un liuto e un violino. Dal giardino dell’Eden sgorga un fiume che, fuori delle mura, si divide in quattro corsi d’acqua, come racconta il libro della Genesi: «un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi». I nomi dei quattro fiumi sono Fison, Ghicon, Tigri ed Eufrate.
L’Inferno
La visione dell’Inferno è introdotta dall’immagine della città del male, l’apocalittica Babilonia in fiamme, contrapposta alla beatifica città celeste. Le case divorate dalle fiamme riprendono la visione dell’Apocalisse: «Una voce potente dal cielo ne annuncia la distruzione: in un solo giorno verranno su di lei questi flagelli: morte, lutto e fame; sarà bruciata dal fuoco. Poi un angelo scende dal cielo abbagliando la terra col suo splendore e gridando a gran voce: È caduta, è caduta Babilonia la grande ed è diventata covo di demoni, carcere di ogni spirito immondo, carcere di ogni uccello impuro e aborrito e carcere di ogni bestia immonda e aborrita». Il corteo dei dannati viene cinto da catene e si avvia tristemente verso le punizioni infernali. Il gruppo dei dannati è speculare a quello dei beati: anche qui si riconoscono papi, vescovi e religiosi. Ma i loro atteggiamenti dichiarano spavento, orrore, tristezza e angoscia. L’arcangelo Michele è inesorabile e, con la spada sguainata, spinge anche i più recalcitranti. Due diavoli trascinano il gruppo in catene nella bocca spalancata del Leviatano infernale. Un altro diavoletto appollaiato sul muso del mostro accoglie festosamente i reprobi suonando con la sua trombetta un irridente passo di marcia. Sul fondo dell’Inferno trovano un mostruoso Lucifero, incatenato a una colonna, che domina un mare di teste di dannati sofferenti tra le fiamme. Risuonano le parole del Vangelo di Matteo: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Mt 22, 14).
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