Itinerario nella provincia di Bolzano
Vipiteno. Beati e dannati nella palude
Le tappe dell’itinerario
Una tranquilla passeggiata si lascia alle spalle le strette vie e i portici della città vecchia di Vipiteno (Sterzing, in tedesco) e ci conduce negli spazi aperti dell’area urbana meridionale, un tempo paludosa. Incontriamo in successione la chiesetta del Salvatore e il delizioso nucleo museale che comprende l’elegante chiesa di Santa Elisabetta, la Commenda dell’Ordine teutonico e il museo che ospita le opere di Hans Multscher. Ancora pochi passi ci fanno raggiungere il cimitero e la chiesa parrocchiale di Nostra Signora della Palude, obiettivo di questa visita. L’ingresso in chiesa ci provoca una grande emozione: la vasta aula, il profondo coro, la decorazione delle navate e l’eleganza dei cicli dipinti sulla volta e nell’arco sono un profondo respiro di bellezza.
Gli affreschi tardobarocchi sulla volta costituiscono un raffinato ciclo di temi mariani e furono eseguiti e firmati nel 1753 dal pittore viennese Adam Mölckh. Una delle immagini di Mölckh è una bella introduzione all’escatologia cristiana. Maria intercede per l’umanità sofferente rivolta al Figlio, al Padre e allo Spirito Santo. Ai piedi della facciata della chiesa si affollano i malati, i pellegrini, i carcerati, i poveri: un’evocazione delle opere di misericordia che daranno la salvezza nel giorno del giudizio universale. A destra vediamo la morte sconfitta: la folgore divina la sbalza dal cavallo e la precipitare insieme con la sua falce sterminatrice e il drappo decorato dall’immagine di una cometa annunciatrice di sventure.
L’arco che separa l’aula dal coro fu decorato nel 1599 dal pittore Joseph Ritterl con una rappresentazione del Giudizio universale. La scena è grandiosa e affollata di personaggi. Al centro, in un alone di luce dorata, Gesù appare tra le nubi e poggia i piedi sul globo terrestre, segno della signoria sul creato. Il suo estremo giudizio è simboleggiato dai due oggetti che due angeli reggono ai suoi piedi: il giglio, simbolo della misericordia per i salvati, e la spada, segno della giustizia per i dannati. Intorno al Cristo parusiaco è il coro degli angeli che ostendono i segni della Passione: la croce, la colonna e le fruste della flagellazione, la corona di spine, la lancia e la canna con la spugna. Maria, la madre di Gesù, e Giovanni Battista, il precursore, elevano al giudice una preghiera d’intercessione. Gli angeli tubicini fanno risuonare ai quattro angoli del mondo lo squillo delle trombe che chiama i morti alla risurrezione. La scena che si svolge in cielo, al di sopra delle nubi, è completata dal coro dei santi. A sinistra siedono gli apostoli, con Pietro, Paolo e Giacomo riconoscibili dai lori simboli. A destra vediamo i patriarchi biblici, i martiri, i dottori della Chiesa, i fondatori di ordini e le donne sante.
La parte inferiore del dipinto racconta gli avvenimenti che si svolgono sulla terra. Al centro è descritta la scena dei corpi che ritornano in vita e risorgono dai loro sepolcri ancora avvolti nelle bende del sudario. A sinistra gli angeli aiutano i risorgenti a sollevarsi, organizzano il corteo dei salvati e aiutano i beati nella loro ascensione estatica verso il Paradiso celeste. Del tutto diversa è la scena a destra del dipinto. Qui i diavoli sono protagonisti di una selvaggia caccia al dannato, aiutati da un angelo che con la spada fiammeggiante sferza i reprobi che corrono atterriti verso le fiamme dell’Inferno. Altri diavoli trascinano i corpi dei dannati o se li caricano sulle spalle per poi scaricarli nella bocca del drago, il Leviatano infernale.
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