Itinerario nella provincia di Bolzano
Bolzano. Il Trionfo della morte e il Giudizio finale nel tempio dei Domenicani
Le tappe dell’itinerario
I Domenicani - i frati dell’Ordo Praedicatorum fondato da San Domenico di Guzmàn - s’insediarono a Bolzano nella seconda metà del Duecento e vi edificarono la loro chiesa con l’annesso convento. Il tempo, le requisizioni, i cambiamenti d’uso, le guerre, i bombardamenti, si accanirono contro la chiesa gotica che potè essere riaperta al culto solo nel 1960. Oggi è possibile visitarne l’aula a tre navate, il chiostro, il capitolo e le cappelle con le opere d’arte superstiti.
La cappella di San Giovanni ospita un trecentesco affresco del Trionfo della Morte che è forse un’opera giovanile di Vitale da Bologna o comunque di un pittore di formazione bolognese. Più correttamente il tema dell’affresco è quello dei quattro Novissimi, dove la Morte è accompagnata dalle scene del Giudizio, dell’Inferno e del Paradiso. Ma è certamente lo scheletro mummificato della spietata Nemica ad avere la maggiore visibilità, grazie al volto grifagno, ai lunghi capelli al vento, alle due grandi ali bianche e nere, all’ossuto cavallo da corsa. La sua falce compie una strage di potenti d’ogni risma, dai sovrani ai papi, dagli ecclesiastici ai religiosi, e si lascia alle spalle uno stuolo di pallidi cadaveri. Risparmia invece – per atroce paradosso - un gruppo di cenciosi mendicanti e di storpi infelici che pure la stanno invocando a gran voce come liberazione finale dai propri mali e dall’infelicità. La Morte insegue un gruppo atterrito di giovani e nobili cavalieri che tenta di trovare riparo nei palazzi patrizi: ma i dardi scagliati dall’arco della vecchia megera scatenano il finimondo e provocano un terremoto che fa rotolare una valanga mortale di detriti addosso a cavalli e cavalieri. Nella parte sinistra dell’affresco si vedono gli esiti della morte. Il Giudizio individuale delle anime è affidato a un angelo dotato di una simbolica bilancia a doppio piatto sulla quale sono pesate le opere buone e cattive compiute in vita. Il contrasto tra il bene e il male è reso ancora una volta in forma simbolica dalla guerriglia tra un angelo armato di lancia e un diavoletto scuro che tenta di condizionare la bilancia a proprio vantaggio e di frodare sul peso. Il giudizio arride all’animula in preghiera sul piatto e un angelo arriva in volo ad abbracciarla per condurla verso la salvezza eterna. Dopo la psicostasia uno stormo di angeli accompagna i salvati che sono stati rivestiti della veste candida verso il Paradiso, rappresentato come la turrita città apocalittica della Gerusalemme celeste: dopo averne aperta la porta con le chiavi affidategli da Gesù è lo stesso San Pietro che attende sulla soglia l’arrivo dei beati e con il gesto delle due mani le accoglie e le benedice. Ben diverso e più prosaico è il destino dei condannati: affastellati come una fascina di legna secca, sono posti sulle spalle di un diavolo portatore e sono accompagnati tristemente verso l’Inferno e scaricati nella gola del Leviatano.
Ci si sposta ora nella Cappella di Santa Caterina, una vera e propria galleria di affreschi, restaurati, risalenti al Trecento e al Cinquecento, con le storie di Gesù e della Santa senese. La nostra attenzione si concentra sulla visione del Giudizio finale che campeggia sulla parete d’ingresso e che ricorda in più punti il Giudizio che Giotto affrescò a Padova nella Cappella degli Scrovegni. La scena del Cristo giudice sovrasta l’arco d’ingresso. È l’ultimo giorno del mondo: gli astri celesti, il sole e la luna, perdono vigore e si spengono; il cielo stellato si arrotola e svela le retrostanti mura della Gerusalemme celeste. Nella mandorla iridata si manifesta la discesa dall’empireo del Cristo parusiaco, mentre due angeli esibiscono all’umanità risorgente la croce, la lancia e la canna, ovvero gli strumenti della passione di Gesù, memoriale di salvezza. Gli intercessori assolvono con impegno al loro compito: Maria, la madre di Gesù, mostra i risorti al Figlio e auspica la sua misericordia con la mano sul cuore; Giovanni Battista, il precursore, accorre anche lui verso il Cristo, alzando le mani nel gesto della preghiera. Ma il giudice pronuncia il suo giudizio lasciandone trapelare l’esito con la gestualità delle mani: la destra si apre all’accoglienza dei salvati e la sinistra respinge invece i dannati. A condividere la sentenza è l’intero tribunale celeste formato dai dodici apostoli: questi siedono sui troni schierati ad arco intorno alla Mandorla e seguono gli avvenimenti discutendo tra loro con viva partecipazione. In basso, sulla terra, è descritta la risurrezione dei morti. I risorti fuoriescono nudi dalle urne colorate, si rivestono dei loro abiti e attendono oranti che il Giudice pronunci il loro destino. Un angelo scende ad accogliere Santa Caterina e a condurla premuroso verso il Cielo. Nell’alto dei cieli il Paradiso è descritto come la comunione dei Santi. I beati si raccolgono in gruppi rappresentativi rispettivamente dei patriarchi, dei profeti, dei martiri, dei confessori e fondatori di ordini. L’Inferno è annunciato da un angelo guerriero dello stormo micaelico che impugna una lunga lancia e sospinge in basso il rassegnato corteo dei viziosi diretto verso i gironi punitori. Collocato nel più profondo dell’inferno, Lucifero è incatenato ad una colonna. Il dannato sanguinolente che stritola tra i denti, le corna che ha sul capo, i rettili che gli fuoriescono dalle orecchie e gli avvolgono il corpo comunicano non tanto l’idea della ferocia vendicativa ma piuttosto la mestizia di un viso triste; seduto a gambe larghe, con un lungo bastone in mano, dà l’idea di un vecchio stanco, rassegnato al suo dovere di punitore; solo la sua statura gigantesca riesce a convincere che si tratta del re dell’inferno e del principe delle tenebre. Tutt’intorno sono collocati i loca poenarum e sono descritti i tormenti dei dannati. Spicca il pozzo maleodorante nel quale sono tradizionalmente precipitati gli invidiosi. E non manca l’altrettanto tradizionale caldaia nella quale i superbi bollono sul fuoco. Alla trave di una forca orizzontale sono impiccati alcuni dannati, ciascuno appeso per la parte del corpo responsabile del peccato: la lingua, i genitali, i capelli. Un diavolo trascina all’inferno un avaro che porta sulle spalle il sacco delle sue ricchezze. Un altro diavolo trasporta all’inferno un sodomita oscenamente esposto, cui due serpentelli mordono i glutei. I lussuriosi, distesi su roventi graticole, scontano i loro indisciplinati ardori.
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