Itinerario nella provincia di Bolzano
Glorenza. Un terrificante sermone sul giudizio universale
Le tappe dell’itinerario
Glorenza (Glurns, in tedesco) è un borgo cinto da mura, un vero gioiello medievale di grande suggestione, situato nell’alta Val Venosta, lungo il corso dell’Adige. Appena fuori dal borgo troviamo la chiesa parrocchiale di San Pancrazio, di forme barocche ma di antica origine romanica. Attira la nostra attenzione il grande affresco realizzato all’aperto, sulla facciata nord del campanile, raffigurante il Giudizio universale. La data è quella del 1496 e lo stile è vicino ai modi di Michael e Friedrich Pacher, protagonisti delle vicende artistiche locali nella seconda metà del XV secolo.
La parte superiore dell’affresco riporta la tradizionale visione del giorno del giudizio. Il Cristo giudice siede sull’arcobaleno della nuova alleanza e pronuncia il giudizio in due forme: innanzi tutto con il gesto delle mani: la destra benedice i beati, mentre la sinistra respinge lontano i dannati; poi con i due oggetti simbolici che promanano da lui; il giglio della misericordia e la spada della giustizia. Gesù è rivestito da un lungo mantello del colore rosso del martirio ed è affiancato dalla grande croce, il segno che appare nel cielo per ricordare a tutta l’umanità che il sacrificio di Gesù rende possibile la salvezza di tutti. Fanno corona al giudice gli apostoli, che assumono il ruolo del tribunale celeste. Maria, la madre di Gesù, e Giovanni il Battista pregano in ginocchio ai piedi del giudice e intercedono per la salvezza dei risorti. L’angelo del giudizio suona la lunga tromba che chiama i morti alla risurrezione. Dalla tromba esce un cartiglio che dice in tedesco: «Levatevi in piedi, morti, presentatevi al giudizio». In basso i corpi dei risorti si sollevano dai sepolcri, si rivolgono al giudice per conoscere quale sarà il loro destino eterno ed esprimono il loro stato d’animo con gesti di esultanza o di disperazione. A sinistra un angelo incolonna il corteo dei beati e lo avvia sulle nuvole verso il Paradiso. A destra invece alcuni diavoli dai modi sbrigativi trascinano il gruppo dei dannati verso le fiamme dell’Inferno.
Nella parte inferiore dell’affresco, un predicatore in cotta e stola, novello Vincenzo Ferrer, ammonisce il passante annunciandogli il giudizio con una terrificante predica trascritta in un lungo “fumetto”. Il chierico predica dall’alto del suo pulpito e sostiene con la mano sinistra l’ampio testo di un sermone. Sullo sfondo sono disegnate le montagne innevate. Una scritta che sovrasta il predicatore recita «clama nunc leva [ad] celum vocem ut tuba», a sottolineare che le parole del predicatore devono svolgere la stessa funzione della tromba del giudizio. Il sermone propone un come mosaico di citazioni da fonti diverse ma vuole soprattutto evocare il giorno del giudizio: «dies ire, dies calamitatis, dies miserie lacrimationum, caliginis et nebule». E vuole segnalare il rischio di cadere tra le pene dell’inferno e dei suoi connotati: «Luctus et cruciatus. Clamor et clangor. Timor et tremor. Dolor et labor. Ardor et fetor. Asperitas et acerbitas. Calamitas et egestas. Angustia et tristicia. Oblivio et confusio. Punctiones et amaritudines terroresque. Fames et sitis. Caedus et rapina. Odies magna et amara valde». É la pedagogia della paura, agli albori dei mass media.
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